Forse non tutti sono a conoscenza del fatto che i fattori emotivi, motivazionali e relazionali hanno importanti ricadute sulla qualità dell’apprendimento e che proprio tali fattori possono spiegare la differenza tra uno studente brillante e uno meno efficace.
Come abbiamo avuto modo di evidenziare nell’articolo Metacognizione, motivazione e apprendimento, in letteratura sono presenti diversi studi sulla motivazione che si ritiene principalmente suddivisa tra estrinseca ed intrinseca; nel primo caso l’individuo svolge un compito per ottenere una ricompensa o una lode mentre, nel secondo caso, lo svolge per un piacere personale o di accrescimento culturale.
Motivazione, emozione, relazione e ruolo del Tutor DSA
In ambito scolastico gli studenti che agiscono sulla base di obiettivi di prestazione tenderanno a sviluppare e a consolidare una motivazione estrinseca che li porterà a svolgere le attività solamente per ricevere una gratificazione; di contro, gli studenti che agiscono con obiettivi di padronanza, tenderanno a maturare una motivazione intrinseca con lo scopo di accrescere le proprie competenze.
Anche se non c’è nulla di male nel concetto di gratificazione, sarebbe bene guidare i ragazzi verso lo sviluppo della motivazione intrinseca che si intreccia con la percezione di competenza e di controllo. La percezione che abbiamo di noi stessi influisce sull’apprendimento e sul risultato ottenuto molto più che l’effettiva competenza che possediamo.
Bandura (1977) ha parlato di convinzioni di autoefficacia, definendole come “convinzioni che le persone hanno circa la loro efficacia personale di organizzare e dirigere abilità e risorse per mettere in atto un’azione che li condurrà alla conseguenza desiderata”.
Sentirsi efficaci e in grado di controllare il proprio vissuto emotivo ha un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi determinando vissuti di sicurezza e padronanza.
Anche gli stili di attribuzione (interno o esterno), studiati approfonditamente da Heider e Weiner, sono strettamente collegati all’apprendimento: nel primo caso, significa attribuire le cause dei propri successi o fallimenti a fattori dipendenti da noi (impegno, abilità, capacità, etc.); nel secondo caso, significa attribuire le cause dei propri successi o fallimenti a fattori esterni come ad esempio la fortuna, il caso o l’aver ricevuto aiuto da un’altra persona.
Le ricadute emotive delle attribuzioni incidono decisamente sulle prestazioni e sull’apprendimento in generale. Soggetti che attribuiscono il proprio successo all’impegno tendenzialmente investono di più nell’esecuzione di un compito e, in caso di successo, sviluppano più facilmente emozioni positive che a loro volta aumentano il livello di autostima.
I ragazzi possono apprendere uno stile attributivo funzionale o disfunzionale in seguito alle reazioni di successo o fallimento.
Un altro aspetto molto importante da considerare, sono le credenze relative alla natura e allo sviluppo dell’intelligenza: infatti una concezione dell’intelligenza come entità stabile e non modificabile porta ad attribuire un eventuale insuccesso alla mancanza di abilità, mentre una concezione dell’intelligenza di tipo incrementale, porta ad attribuire l’insuccesso a scarso impegno.
Se a tutto ciò si associano emozioni negative e senso di inadeguatezza, potrebbe innescarsi un circolo vizioso che potrebbe portare sempre più a sperimentare vissuti fallimentari fino a sfociare, nei casi più gravi, allo sviluppo di una vera e propria impotenza appresa (“inutile provare, tanto non sono in grado…”).
Pur richiedendo tempo, è possibile supportare lo sviluppo della motivazione intrinseca utilizzando alcuni accorgimenti: