Secondo Carroll Izard (Psicologo americano tra i maggiori esponenti di tale approccio) alla nascita i bambini sono in grado di provare interesse, gioia, disgusto e dispiacere (funzione adattiva) mentre rabbia e paura farebbero la loro comparsa in un secondo momento quando, grazie alla deambulazione e al maggiore controllo motorio, possono svolgere la funzione di attivare le reazioni ad ostacoli o pericoli.
Durante il secondo anno di vita vengono a modificarsi le situazioni in cui i bambini sperimentano le emozioni fondamentali e questo cambiamento, sebbene da solo non sufficiente, apre la strada allo sviluppo delle emozioni sociali che necessitano appunti di consapevolezza del sé.
Proprio questa consapevolezza rende possibile una prima serie di emozioni sociali ovvero quelle che Lewis chiama emozioni esposte e che comprendono l’imbarazzo (emozione che si prova per il fatto di sentirsi al centro dell’attenzione), l’invidia e gelosia (nascono dal vedere che un’altra persona ha quello che si vorrebbe avere, o ricevere attenzioni da una persona a cui si è legati) e l’empatia.
Non meno importante è il gruppo delle emozioni cosiddette autocoscienti e autovalutative tra cui ritroviamo ad esempio l’orgoglio (quando reputiamo di esserci comportati bene o di aver raggiunto un risultato positivo, conformandoci a qualche norma o standard sociale).
L’orgoglio è un’emozione piacevole, ci fa sentire contenti, ci spinge a migliorare la nostra autostima e a ripetere in futuro il comportamento che ci ha portato al successo (fungendo in questo modo da rinforzo positivo).
A questo gruppo appartengono anche la vergogna e il senso di colpa (che spesso sorge quando pensiamo di esserci comportati male); si tratta di emozioni spiacevoli e funzionano come punizione o deterrenti dal ripetere le azioni che le hanno suscitate. Questo tipo di emozioni, insieme all’autoregolazione, si sviluppa più lentamente.
Regolazione delle emozioni
Soprattutto durante il primo anno di vita, i bambini non hanno strumenti per regolare le proprie emozioni e dunque è di primaria importanza il ruolo dei genitori nel prevenire possibili situazioni di disagio o sofferenza e calmare i bambini quando piangono e sono agitati.
Nonostante ciò, esistono schemi di azione rudimentali di cui i bambini si servono per allontanare gli stimoli spiacevoli (come ad esempio girare la testa o sputare) o per calmarsi (suzione che agisce principalmente riducendo la frequenza del battito cardiaco).
La capacità di autoregolazione delle emozioni migliora parallelamente allo sviluppo delle capacità che permettono maggiore controllo sugli stimoli come ad esempio l’aumento dell’efficienza dell’attenzione e la capacità di muoversi.
Altri aspetti fondanti dello sviluppo emotivo sono le competenze comunicative e linguistiche che consentono ai bambini di parlarne, di comprenderle e di fronteggiarle.
Sviluppo della comprensione emotiva
In epoca precoce possiamo è già possibile osservare nei bambini quanto segue:
- 10 settimane: i bambini reagiscono in modo diverso a seconda che la madre assuma una espressione di gioia (sorridono e si mostrano contenti a loro volta), collera (si immobilizzano e si arrabbiano a loro volta) o tristezza (cominciano a manifestare malessere);
- 20 settimane: reazioni differenti a emozioni diverse;
- 3 mesi: “still face” (esperimento che mette in evidenza il disagio del bambino davanti ad un viso immobile);
- 10 mesi: l’espressione della madre influenza anche l’interazione con gli oggetti
- 10-12 mesi: riferimento sociale (osservazione delle reazioni emotive altrui in una situazione di incertezza);
- 3 anni: i bambini cominciano a conoscere i nomi delle emozioni fondamentali e riescono ad accoppiarli alle storie che descrivono le circostanze che tipicamente le suscitano;
- 4 anni: i bambini sono in grado di collegare un’emozione sia a circostanze esterne sia a credenze e desideri. In questa fase prescolare, i bambini cominciano ad ampliare il loro bagaglio di strategie di regolazione, sono infatti in grado di richiedere aiuto e conforto e tramite il gioco simbolico cercano soluzioni alternative;
- 5 anni: utilizzano il linguaggio a scopo regolativo;
- 9-10 anni: parlano esplicitamente dei processi mentali coinvolti, come distrarsi, dimenticare, smettere di pensare all’accaduto.